Il dr. Danilo Cariolo risponde ad alcune domande sul rapporto diabete e celiachia.
Come mai esiste una correlazione tra diabete e celiachia?
Innanzitutto occorre precisare che la correlazione è tra diabete di tipo 1 e celiachia mentre, a oggi, non è stata stabilita nessuna connessione tra celiachia e diabete di tipo 2.
Il perché esista questa correlazione non è ancora stato chiarito ma, classificando entrambe le condizioni nell’alveo delle patologie autoimmunitarie, sicuramente la comparsa contemporanea di queste malattie è legata all’interazione di fattori genetici e fattori ambientali come le infezioni virali o il precoce inserimento nella dieta di alcuni alimenti.
In generale quando sono presenti in concomitanza si parla di Sindromi Plurighiandolari Autoimmuni (SPA). Una recente review sostiene che ci sia la stessa base genetica responsabile del rischio di sviluppare entrambe le patologie e che ci siano alterazioni nel profilo immunitario.
Ma accanto a questi meccanismi genetici e molecolari ci sono segni del ruolo di “innesco” di alcuni enterovirus e/o del microbiota intestinale che quando alterato (stato di disbiosi) può essere un ulteriore fattore di rischio. Sono intrecci molecolari molto complessi che devono ancora essere chiariti.
Quali sono i numeri di questa correlazione?
Recenti studi epidemiologici rilevano la presenza di celiachia nel 1,4% – 10% dei soggetti affetti da diabete di tipo 1, fino a punte del 25.5% in base ai diversi studi condotti.
La contemporanea presenza di entrambe le patologie nella popolazione generale va dal 4% al 6,5% con picchi anche più alti.
È molto probabile che i numeri siano destinati ad aumentare nel corso degli anni grazie al miglioramento delle tecniche di diagnosi e di screening, così come è successo per la celiachia, dapprima considerata una malattia rara e poi, numeri alla mano, è diventata una delle patologie genetiche più frequenti anche nel nostro Paese secondo il Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità.
Prendendo atto di questi numeri i malati di diabete di tipo 1 devono sempre fare il test per la celiachia?
I soggetti affetti da diabete di tipo 1 devono sempre confrontarsi con il proprio medico e con chi gestisce la propria salute ma posso dire che l’Associazione Italiana Celiachia raccomanda lo screening per la malattia celiachia a tutti i soggetti con diabete di tipo 1.
L’ideale sarebbe valutare la presenza di malattia celiaca all’esordio del diabete e, in caso di negatività, rifare le analisi appena compaiono i sintomi di celiachia. Il problema si ha in caso di celiachia silente e/o in assenza di sintomi specifici, ricordo che in 6 casi su 10 la celiachia è presente in maniera asintomatica. In questo caso la raccomandazione dell’Associazione è di fare il test per celiachia una volta all’anno per i primi quattro anni dalla diagnosi e una volta ogni due anni per i successivi sei anni.
Aggiungo una cosa: esiste la raccomandazione di fare il test per malattia celiachia anche nei familiari di primo grado di un soggetto affetto da diabete di tipo 1 e in particolare se il soggetto è affetto da un’altra malattia autoimmune oltre il diabete tipo 1.
Ormai è consolidato che la presenza di celiachia nei familiari di primo grado di un diabetico raggiunga il 36% e che tale frequenza aumenti fino al 75% in caso di presenza di una seconda malattia autoimmune.
Alcuni alimenti fungono da fattore di rischio per l’insorgenza di queste malattie, quali sono?
Gli studi si sono concentrati sull’azione del latte e dei cibi contenenti glutine. Le proteine del latte vaccino, soprattutto se introdotte nella dieta prima del 3°-4° mese di vita, possono fungere da “innesco” per il processo autoimmune. Infatti nel siero del 40% – 80% dei pazienti con diabete di tipo 1 si ritrovano anticorpi diretti contro le proteine del latte vaccino.
Per il glutine invece ci sono pareri discordanti e si dovranno attendere maggiori studi prima di chiarire tutto il processo. L’ipotesi fatta da molti scienziati ma negata da altri è che il glutine possa indurre una risposta autoimmunitaria contro il pancreas, perché è stato evidenziato che anticorpi anti-pancreas, quando presenti nel soggetto celiaco, tendono a scomparire dopo la dieta priva di glutine.
Altri studi mostrano come i soggetti diabetici possano nel tempo sviluppare anticorpi tipici di un’intolleranza nei confronti del glutine. Inoltre, è stato scoperto che il glutine può fungere da “carburante” per alcuni batteri del microbiota intestinale che nutrendosi maggiormente potrebbero alterare l’eubiosi intestinale con conseguente rischio di manifestazione dei sintomi.
Che ruolo ha la dieta priva di glutine nei pazienti con diabete di tipo 1?
Dico subito che una risposta certa a questa domanda non c’è. Gli studi a nostra disposizione sono limitati, non controllati, discordanti e per la maggior parte condotti su popolazioni di età pediatrica ponendo un grosso punto interrogativo sull’adulto.
Cercando di fare chiarezza, iniziamo con il ricordare quali sono i 4 punti centrali nella complessa gestione del diabete: insulina, dieta, attività fisica e controllo metabolico.
Il controllo metabolico è quello più importante per allontanare le complicanze del diabete ed esso può essere corretto solo quando si presta attenzione agli altri 3 fattori.
Non ci sono evidenze che la dieta senza glutine influenzi il controllo metabolico ma i dati a nostra disposizione si riferiscono a soggetti asintomatici o con pochi e lievi sintomi.
E’ molto probabile che i risultati possano essere sensibilmente diversi in soggetti con sintomi chiari di malattia celiaca e ci sono studi che portano in questa direzione.
Sembrerebbe che la dieta senza glutine possa migliorare la risposta glicemica e prevenire l’eventuale comparsa di un’altra malattia autoimmunitaria.
Coloro che sono affetti contemporaneamente da celiachia e diabete cosa devono fare o non devono fare a tavola?
In uno scenario di poca chiarezza come questo è difficile dare consigli specifici.
Ricordo che entrambe queste patologie richiedono profondi cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita con possibili risvolti psicologici da non sottovalutare, perciò prima di tutto evitare il “fai-da-te”, il “sentito dire che…” e il “ho letto che…” ma farsi seguire da specialisti in maniera multidisciplinare. In questo modo si possono valutare al meglio i rischi e i benefici di un approccio terapeutico tenendo conto dei singoli e specifici casi.
In secondo luogo non eliminare in modo arbitrario il glutine dalla dieta soprattutto in caso di celiachia asintomatica perché la cosa, oltre che inutile per il controllo glicemico e metabolico, potrebbe essere peggiorativa della qualità della vita, imponendo restrizioni alimentari inutili.
Un altro errore da evitare assolutamente è la drastica riduzione dei carboidrati con il rischio di eccedere con grassi e proteine, soprattutto di origine animale.
Molto importate, come i diabetici sanno bene, mantenere controllato il consumo di zucchero semplice, cibi raffinati e bevande zuccherate mentre occorre tenere alto il consumo di fibra alimentare grazie a cereali integrali, verdura/ortaggi, legumi, frutta, semi e frutta secca a guscio.
In altre parole consiglio di riscoprire e seguire la dieta mediterranea fatta di tanti cibi naturali, vegetali e integrali e pochi cibi di derivazione animale e industriale. Seguire la stagionalità dei cibi e variare spesso le scelte a tavola così da equilibrare i benefici e i rischi di ogni alimento.
Invece nel caso di celiachia con sintomi chiari e/o manifesta compromissione dei villi intestinali allora il discorso cambia e il consiglio di seguire una dieta priva di glutine diventa decisamente più importante.
Quali sono i rischi di una dieta senza glutine maldestramente imposta a diabetici?
In primo luogo può risultare frustrante con un carico psicologico notevole. Il diabete tipo 1 è già di per sé una condizione cronica molto “invasiva” di tutti gli aspetti della vita quotidiana, se a questo si aggiunge un’ulteriore restrizione con una dieta priva di glutine è chiaro capire che l’aderenza alla terapia può risentirne con conseguenze sul controllo metabolico.
Alle considerazioni psicologiche e di qualità della vita sommiamo anche dei potenziali rischi nutrizionali nel caso in cui la dieta non venga ben gestita.
Il rischio che il controllo della glicemia e di conseguenza quello metabolico generale possa non essere corretto esiste così come quello di non soddisfare i fabbisogni nutrizionali nel caso in cui l’alimentazione non sia ben bilanciata.
In quest’ottica è importante sottolineare che una corretta dieta senza glutine prevede un uso prevalente di alimenti naturali integrali senza glutine, come riso, quinoa, grano saraceno, mais e in maniera minore alimenti senza glutine di derivazione industriale.
È importante far notare che molti prodotti senza glutine possono avere un Indice glicemico alto, anche più alto della pasta e/o del pane di frumento
Alimenti raffinati o ingredienti usati nei prodotti senza glutine possono portare a glicemie post-prandiali più alte mettendo a rischio il controllo metabolico.
Alcuni esempi possono essere la farina di riso, riso soffiato e gallette, patate e fecola di patate, maizena.
Altri studi mostrano anche che i prodotti senza glutine potrebbero essere più calorici e con una quota maggiore di grassi saturi anche se la quantità totale di grassi è simile. In questi casi diventa molto importante imparare a leggere le etichette, prendere l’abitudine di non fermarsi a quanto scritto in “grande” sulle confezioni ma guardare la lista completa e poi monitorare nel tempo il proprio controllo metabolico.
Esistono prodotti che cercano di evitare questo inconveniente inserendo tra gli ingredienti delle fibre che abbassano l’indice glicemico come l’inulina o l’amido–resistente.
Sicuramente non è facile e immediato ma con un po’ di attenzione iniziale si possono trovare le soluzioni alle proprie necessità e cercare nuove abitudini.
Per gestire bene il tutto ed evitare errori, l’ideale è sempre rivolgersi ad un professionista che possa guidare questi processi di adattamento personali, impostando un corretto piano nutrizionale.
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